L’auto a spina non si vende. Migliaia di auto cinesi ferme nel porto di Livorno

Il porto di Livorno si sta trasformando in un enorme parcheggio di auto elettriche cinesi. E’ quanto emerge da un’inchiesta del Finacial Times che lancia l’allarme su un problema destinato ad incidere pesantemente sulla logistica europea. Lo scalo italiano infatti non è il solo ad essere diventato un terminal automobilistico. Con Livorno, infatti, ci sono anche il porto di Anversa-Bruges (il principale terminal in Europa per le importazioni di veicoli),  Bremerhaven, al secondo posto per volumi movimentati, il Pireo ed altri scali sparsi un po’ in tutto il Vecchio Continente. Da qui il titolo della testata britannica che non lascia spazio a dubbi: “I porti europei si sono trasformati in parcheggi di automobili”.

I motivi dell’ingorgo

Ma perché migliaia di vetture elettriche cinesi vengono lasciate nei porti anche fino a 18 mesi? L’ingorgo si sta creando per due motivi. Prima di tutto per il rallentamento delle vendite di auto a spina non previsto dai costruttori del Dragone (ma anche si quelli europei). Un flop di richieste accentuato dalla fine degli incentivi. Secondariamente il timore dei nuovi dazi che molto probabilmente verranno imposti dall’Unione europea a seguito dell’inchiesta anti dumping, le Case di Pechino stanno spingendo a pieno ritmo con le esportazioni. Ma a giocare suil blocco ci sono anche problemi di natura burocratica. In alcuni casi, spiega il Financial Times, gli slot per lo scarico dei veicoli vengono prenotati, ma poi non si provvede al trasporto, mentre in altri non si riescono a trovare neanche le bisarche per movimentarli.

Al limite del caos

“I distributori utilizzano sempre più i parcheggi del porto come deposito. Invece di immagazzinare le auto presso i concessionari, le stoccano nel terminal automobilistico – afferma un operatore intervistato dalla rivista inglese. – Per questo le autorità portuali stanno chiedendo agli importatori di fornire la documentazione relativa al loro trasporto al di fuori delle strutture”.    L’intasamento dei porti è legato anche alla decisione di costruttori come Byd, Great Wall, Chery o Saic di spingere le esportazioni per mantenere attive le loro fabbriche cinesi. Ma i problemi nascono quanto le vetture vengono sbarcate nei porti di destinazione poiché i produttori  stessi  si trovano impreparati a gestire i trasporti anche per la mancanza di strutture organizzative dedicate e per le difficoltà di trovare distributori capaci di dare loro la priorità. Tutto ciò fa dire ad  un altro operatore che siamo ad una “situazione al limite del caos“.

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